OpenDay – Fantalica Aperta 26 gennaio 2019

Per far conoscere maggiormente le attività proposte per il periodo autunnale, l’Associazione Culturale Fantalica propone ai soci e a tutti gli interessati, una giornata OpenDay – Fantalica Aperta con spettacoli, mostre e laboratori gratuiti che avranno come elemento comune la volontà di sensibilizzare all’arte e all’utilizzo creativo e consapevole del proprio tempo libero, hobby o passione.

OpenDay - Fantalica Aperta 29 settembre 2018

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OpenDay – Fantalica Aperta 26 gennaio 2019

FUMETTO – All’evento dell’openday tutti potranno partecipare a delle lezioni aperte e gratuite grazie alle quali sarà possibile conoscere e sperimentare un interessante approccio all’arte del fumetto.

” Prima di Babbo Natale ” di Marco Callegari

In quanto curatore della mostra Prima di Babbo Natale .
Santa Claus nelle illustrazioni tra Ottocento e Novecento 
e socio dell’Associazione Culturale Fantalica, ho pensato di dare un contributo scrivendo un articolo sul tema.

Intanto, perché di questa mostra? Da bambino la festa del Natale è sempre stata per me molto coinvolgente e soprattutto magica, vuoi per i colori, le luci e l’atmosfera che trasformavano la casa dove abitavo in un posto “diverso”, vuoi per l’attesa dei regali portati da questo personaggio strano, di fatto proveniente da un’altra dimensione abitata da folletti, elfi e altre figure a lui simili come la Befana. L’infanzia ovviamente termina quando si comincia a essere davvero consapevoli della realtà del mondo che ci circonda, e quindi il credere ciecamente in Babbo Natale finisce con essa, però non sempre tutto è come sembra. Il fatto di continuare poi con le sorelle più piccole a far credere nella esistenza del noto portatore di doni e ancor più con i figli e con i loro cuginetti, mi ha portato a riflettere sull’effettiva realtà di questa figura. Ma prima di tutto è bene ripercorrere – sia pure a grandi linee – la complicata genesi di Santa Claus e per questo vi chiedo di accompagnarmi in un viaggio di oltre 2000 anni, ma niente paura!, condensato in pochi minuti di lettura.

Partiamo da lontano, ovvero da prima dell’avvento del Cristianesimo, quando per i popoli legati all’agricoltura il Solstizio invernale rappresentava un momento fondamentale delle loro esistenze: se il Sole avesse continuato a perdere di forza e la luce fosse stata inghiottita sempre più dalla notte, i raccolti della stagione successiva sarebbero stati compromessi e quindi sarebbero state inevitabili morte, carestia e sofferenze, sempre in agguato per tutti. Ecco quindi che sono ben comprensibili i festeggiamenti per lo scampato pericolo, con un vicendevole scambio di piccoli doni presso i Romani o i Germani, accompagnati anche da altre ritualità simboliche per favorire la ripresa del Sole e della Natura con roghi notturni, oppure con la credenza di cavalcate volanti sopra i campi da parte di dee della fertilità per i Celti (ma anche per i Romani) o l’addobbare abeti rossi come fossero alberi da frutto tra i Vichinghi e creare decorazioni di sempreverdi tra i Celti.

Laboratori artistici “Il mio buffo Babbo Natale”

La sostituzione da parte del Cristianesimo di feste pagane col culto dei propri santi, ha fatto sì che San Nicola diventasse il protettore dei bambini e il portatore di doni per eccellenza del periodo solstiziale: secondo il calendario giuliano in uso nel medioevo e fino al 1582, a causa del fenomeno della precessione degli equinozi il 6 dicembre, data della sua festa, venne a trovarsi vicinissimo al giorno più breve dell’anno e quindi fu naturale far rivestire al santo di Myra tale ruolo. Ma si sa, le tradizioni più antiche sono dure a morire e inaspettatamente riemergono sotto forme diverse. Nelle Alpi per esempio San Nicola lo si vide (e lo si vede tuttora) accompagnato da una terrificante torma di demoni pelosi e cornuti, i Krampus, che altro non sono che la impersonificazione delle ancestrali forze animalesche, richiamando anche alla mente l’orda selvaggia che nelle dodici notti accompagnava Diana tra i Romani e Odino tra i Germani durante la Caccia notturna. Così quando a sua volta il culto di San Nicola venne abrogato dalla Riforma di Martin Lutero, che lo sostituì col più inoffensivo Christkind, nell’area di lingua tedesca e in quelle confinanti dell’Europa centro-settentrionale il suo posto venne preso proprio da quell’aiutante terrorizzante e oscuro (vari sono i nomi usati oltre a Krampus: Knecht Ruprecht, Hans Trapp, Père Fouettard, Belsnickel, Schmutzli etc.), che oltre a punire i bambini cattivi bacchettandoli e portandoli via in un sacco o in una gerla, premiava quelli buoni con frutta e dolciumi.

Nel corso del ‘700 queste figure vennero sempre più private della connotazione punitiva e si trasformarono nel Weihnachtsmann (l’Uomo della Notte di Natale): un vecchio dalla barba bianca, vestito con un abito lungo e pesante dotato di cappuccio a punta o di un pesante copricapo invernale, che nella Notte di Natale portava regali ai bambini anche se aveva ancora con sé delle bacchette di legno per quelli cattivi. Nel contempo in Inghilterra già dal XV secolo era testimoniata la presenza dello spirito gioioso del Natale, ovvero Father Christmas, immaginato nel ‘700-’800 come un alto uomo con la barba bianca, vestito con una lunga veste rossa o bianca, tutto inghirlandato con sempreverdi: era il personaggio principale di un corteo mascherato che girava per le case per festeggiare la festività con musica e pantomime. A differenza del “collega” tedesco, Father Christmas non portava regali, dato che in Inghilterra era usanza scambiarseli il primo giorno dell’anno.

Ed eccoci finalmente a Santa Claus, che è un personaggio di nascita americana, anzi più precisamente newyorkese. Il nome deriva dall’olandese Sinterklaas (San Nicola), portato nella colonia di Nuova Amsterdam dai suoi fondatori provenienti dai Paesi Bassi, e negli anni ‘20 dell’800 era stato immaginato come un minuscolo e arzillo vecchietto vestito alla moda olandese degli inizi del secolo precedente con tanto di tricorno, marsina e pantaloni al ginocchio. Viaggiava su una slitta in miniatura tirata da otto piccolissime renne, che lo portavano sui tetti da dove scendeva nei camini per riempire le calze dei bambini buoni. Attorno alla metà dell’800 si trasformò in una sorta di piccolo elfo paffuto e ridanciano vestito con una aderente pelliccia dal pelo corto, grazie all’influenza degli immigrati tedeschi provenienti dal Palatinato, che avevano portato con sé il ricordo del loro Belsnickel, ovvero Nicola in pelliccia.

Fu poi negli anni ‘80 del secolo che Santa Claus prese le sembianze, che oggi conosciamo. Il responsabile fu Louis Lang, che a partire dal 1873 produsse una serie di cartoline destinate al mercato inglese, in cui rese Santa Claus più alto e sostituì la pelliccia marrone con l’abito rosso bordato di bianco con tanto di citurone e stivali neri. Il successo di questa immagine fu pressoché immediato negli USA, ma la sua diffusione mondiale si deve alla pubblicità della Coca Cola realizzata dal pittore Hadden H. Sundblom agli inizi degli anni ‘30 del ‘900, che ne fissò le caratteristiche a livello mondiale.

Questa è la storia, e mi scuso per la lunghezza di quanto avete dovuto leggere. Però è stato necessario ripercorrere tutte le trasformazioni subite da questo personaggio, per potervi a questo punto fare la seguente domanda, che implicitamente pongo anche a tutti coloro che verranno a vedere la mostra: davvero non esiste Santa Claus? ne siete davvero convinti?

Vedete, da oltre 2000 anni puntualmente al Solstizio d’inverno arrivano regali ai bambini (e non solo); da almeno 600 anni vi sono testimonianze scritte della sua presenza; a partire dal ‘600 vi sono quadri di grandi pittori olandesi, che ritraggono l’arrivo di Sinterklaas, conservati nei più importanti musei; dal 1821 a New York vengono realizzate illustrazioni riguardanti Santa Claus e dalla seconda metà dell’800 sono stati realizzati milioni di esemplari di cartoline prima in Germania e poi nel resto dell’Occidente; dal 1841 (1841!!!) Santa Claus è ininterrottamente utilizzato come testimonial per non ho neppure idea quante campagne pubblicitarie di qualunque tipo e per qualunque prodotto; per non parlare di film, telefilm, racconti, libri etc. Potrei continuare, ma mi fermo qui: è possibile che un essere di questo tipo non esista? Magari non in carne e ossa, ma non è necessario ormai che qualcosa sia davvero fisico e tangibile per essere davvero reale. E – aggiungo – fondamentale per la vita di miliardi e miliardi di esseri umani.

Termino citando una frase del re dell’immaginazione trasportata nel mondo reale, Stan Lee: “Non credevo che l’Uomo Ragno sarebbe diventato l’icona mondiale che oggi è. Io speravo solo che il fumetto vendesse così da potermi tenere il lavoro.”

Grazie Stan, sei stato grandissimo, ma Santa Claus come icona si mangia l’Uomo Ragno a colazione. Da 2000 anni.